giovedì 26 marzo 2015

La Vagabonda di Sharon Creech

"Attraversare l'Atlantico a tredici anni, navigando dal Connecticut alla Nuova Scozia, e poi fino all'Irlanda...
Una vacanza straordinaria per Sophie, Brian e Cody, che insieme agli zii trascorreranno l'estate in mare, su un veliero chiamato La Vagabonda, per raggiungere l'amatissimo nonno Bompie.
Fare un viaggio del genere, però, non significa soltanto fare i conti con la furia improvvisa degli elementi, ma anche rischiare qualcosa di più: per esempio imparare a misurarsi con le proprie paure, a fidarsi degli altri, a guardarsi dentro. Alla grande avventura sull'oceano se ne intreccia un'altra, quella che vedrà Sophie navigare nella profonda, misteriosa corrente del passato, e darà a Cody la forza di essere finalmente se stesso..."


Ringrazio infinitamente chi, dopo tanti anni, mi ha fatto ritrovare questo libro tra gli scaffali della sua biblioteca e me lo ha prestato. Ciò che mi ha attirata di questo libro è stata prima di tutto la copertina, con quella ragazzina dai lunghi capelli verdi scossi dal vento in primo piano, le onde del mare, la barca, il cielo e i gabbiani. Una copertina che si è rivelata praticamente all'altezza del libro, e questa è una cosa che mi è capitata raramente.

Sharon Creech
La Vagabonda è un romanzo di formazione raccontato con l'espediente del diario di due dei protagonisti, Sophie, curiosa di tutto e abile narratrice di storie per la sua 'ciurma', e Cody, uno dei suoi cugini, un ragazzo dal complicato rapporto con il padre che sembra costantemente sottovalutarlo. Attraverso i loro occhi incrociamo gli altri personaggi, come loro sballottati durante il viaggio  in situazioni che li faranno crescere e capire veramente se stessi. Tutti insieme formano una strana ed allegra combriccola, con le sue divergenze e i suoi punti in comune, e la sua forza che la salverà dall'immenso oceano. Proprio il mare è un altro dei protagonisti del romanzo, capace di dare gioia, come quando lascia avvistare delfini e balene, e di dare anche un'immensa paura quando forma la mostruosa Onda.


Lo stile di Sharon Creech è scorrevole, semplice e piacevole, adatto ad ogni situazione, sia essa grave o comica, ed è capace di catturarti e lasciarti andare alla deriva in questa storia di mare, amicizia e ricordi. L'unica critica -ma questa è una colpa della traduzione, non dell'autrice- è la traduzione del nome di uno degli zii, da Bridge a Ponte. Un nome parlante che in questo modo non viene del tutto apprezzato.


"Il mare, il mare, il mare. S'increspava incessantemente e mi chiamava. Vieni, diceva, vieni.                                                                                                                                       E io andai, abbandonandomi, fluttuando, nuotando, ma il mare continuava a chiamarmi: Più lontano, più lontano, e io imparai ad andare in barca -barche a remi, gommoni, motoscafi e infine vele. Sfrecciavo sull'acqua accompagnata soltanto dal rumore del vento, della risacca e degli uccelli, che gridavano insieme: Più lontano, più lontano." 
 Voto: 8/10